Energy Harvesting: quando l’energia non costa nulla
In un impianto di monitoraggio ambientale sperduto in una
foresta o sul picco di una montagna non è facile né economico gestire un
programma di manutenzione e sostituzione delle batterie. Perché, allora,
non sfruttare l’energia circostante?
Il corso “Electronics and Communication Industries” che sto svolgendo
presso la Facoltà di Elettronica “J. Seebeck” del Politecnico di Tallinn (TTU -
Tallinn University of Technology, Tallinna Tehnikaülikool) ha ospitato recentemente
uno speaker d’eccezione: si tratta di Tony Armstrong, Director of Product
Marketing- Power Products presso Linear Technology Corp. L’intervento di
Armstrong si è focalizzato sul tema dell’Energy Harvesting e sui nuovi
componenti creati da Linear per sfruttare le sorgenti di energia che ci
circondano.
“La tecnologia elettronica ci ha ormai abituati a
dispositivi che hanno un basso consumo: telefoni cellulari, terminali palmari,
lettori mp3 hanno un’autonomia che si misura almeno in giorni, se non in
settimane”, ha affermato Armstrong. “Anche in campo industriale non mancano le
applicazioni che, grazie a semplici batterie, possono garantire mesi di
funzionamento. E’ il caso, per esempio, delle reti di sensori collegati fra
loro in modalità wireless (WSN). Ma sono proprio le batterie a rappresentare un
problema”.
Il concetto di ‘Energy Harvesting’, ossia di raccolta
dell’energia che in qualche modo l’ambiente mette a disposizione in forma
gratuita, sta alimentando un mercato estremamente interessante. Come si legge
su Wikipedia, si tratta, in sostanza, di riuscire a sfruttare l’energia solare,
meccanica, biochimica, ecc. che i nodi WSN (per proseguire con l’esempio
citato) hanno intorno a loro. E i consumi sono talmente bassi che può essere
sufficiente utilizzare l’energia creata dal gradiente termico fra il giorno e
la notte, o dalle vibrazioni di un ponte di acciaio per caricare le batterie
necessarie per alimentare i sensori.
Le sorgenti più diffuse di Energy Harvesting
sono i generatori termoelettrici, piezoelettrici, fotovoltaici, galvanici e
magnetici, che sfruttano rispettivamente il calore, le vibrazioni, la luce,
l’umidità e il moto. “Possiamo dire che l'Energy Harvesting è il processo per
cui l'energia comunemente disponibile nell'ambiente viene catturata e
convertita in energia elettrica utilizzabile”, ha spiegato Armstrong. “Questo
termine si riferisce di solito a piccoli dispositivi autonomi o alla raccolta
di piccole quantità di energia ed è ideale al posto delle batterie che
risultano poco pratiche, costose o pericolose da sostituire”.
Nella filiera dell’Energy Harvesting vi era un anello
mancante, quello che collega la sorgente di energia agli utilizzatori
elettronici (sensori, convertitori A/D o microcontrollori), ma la lacuna è
stata ormai colmata. Ad esempio, i nuovi dispositivi elettronici introdotti da
Linear sono in grado di ricevere energia da un trasduttore e utilizzarla per
alimentare un nodo WSN. In sostanza, installando questi dispositivi e
alimentandoli in ingresso con un opportuno trasduttore, scelto in funzione del
tipo di energia disponibile in loco, ci si può ‘dimenticare’ il nodo WSN, che
continuerà a funzionare per anni senza manutenzione raccogliendo l’energia
circostante.
Tra le novità citate da Armstrong, un nuovissimo dispositivo
per il prolungamento della durata della batteria DC/DC buck boost a bassissimo
consumo con Energy Harvesting. Si tratta dell’LTC3330, una soluzione completa
di regolazione che fornisce fino a 50mA di corrente di uscita continua per
prolungare la durata della batteria quando è disponibile energia raccolta.
L'LTC3330 non richiede corrente di alimentazione dalla batteria se viene
fornita potenza regolata al carico dall'energia raccolta e soli 750nA se
alimentato dalla batteria in assenza di carico. Il dispositivo integra un
alimentatore di Energy Harvesting ad alta tensione e un convertitore DC/DC
buck-boost sincrono alimentato da una batteria a cella principale per creare
una singola uscita non interrompibile per le applicazioni di Energy Harvesting
come quelle delle reti di sensori wireless.
L'alimentatore di Energy
Harvesting, costituito da un raddrizzatore a ponte a onda intera che accetta
ingressi AC o DC e da un convertitore buck ad alta efficienza, raccoglie
energia da fonti piezoelettriche (AC), solari (DC) o magnetiche (AC).
L'ingresso a cella principale alimenta un convertitore buck-boost che funziona
da 1,8V a 5,5V all'ingresso quando non è disponibile energia raccolta per regolare
l'uscita a prescindere dal fatto che l'ingresso sia superiore, inferiore o
uguale all'uscita. L'LTC3330 passa automaticamente alla batteria quando la
fonte di Energy Harvesting non è più disponibile.
“Gli
ingressi di Energy Harvesting dell'LTC3330 funzionano da un range di tensioni
da 3V a 19V, AC o DC, rendendo questo dispositivo ideale per un'ampia serie di
fonti energetiche piezoelettriche, solari o magnetiche”, ha concluso Armstrong.
Le impostazioni di soglia di blocco della sottotensione in ingresso sono
programmabili tra 3V e 18V, consentendo all'applicazione di azionare la fonte
di Energy Harvesting al punto di trasferimento della potenza di picco. Altre
funzionalità includono tensioni di uscita DC/DC e LDO programmabili, limiti di
corrente di picco buck-boost, caricatore/bilanciatore dei supercondensatori e
un regolatore di derivazione per la protezione degli ingressi (fino a 25mA a
VIN >20V).
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