Il prossimo 28 febbraio sarà il mio ultimo giorno di collaborazione, come direttore tecnico, con le riviste Automazione Oggi e Fieldbus & Networks di Fiera Milano Editore (già VNU Italia e, prima ancora, Gruppo Editoriale Jackson). Scriverò ancora qualche articolo per le due testate, ma di fatto tornerò ad essere un free-lance a tutto campo. Il motivo ufficiale alla base di questa svolta pare sia la mancanza di denaro (stante la crisi, mi dicono) per rinnovare il mio contratto. Nulla di male, succede. Ho però iniziato a riflettere sul modello di business rappresentato dalle riviste tecniche specializzate, ossia le riviste che normalmente non vanno in edicola, le cosiddette 'business-to-business'. Il modello mi sembra un po’ superato. Vediamo, in breve.
In ambito elettronico, la prima rivista di questo tipo fu creata in modo quasi casuale, nell'ambito del gruppo Castelfranchi. Il signor Castelfranchi aveva un'azienda che distribuiva componenti elettronici, la 'mitica' GBC (Gian Bruto Castelfranchi). La GBC sponsorizzava campioni del ciclismo – su qualche strada di montagna si vede ancora il logo GBC un po’ sbiadito - e, soprattutto, contribuiva a tenere noi ragazzini fuori dalla strada. Si andava nei negozi GBC – io andavo in quello di via Cantoni, a Milano – e si compravano per pochi soldi kit di montaggio per costruire radioline, amperometri, telecomandi e altri oggetti del genere. Si imparava l’elettronica, ci si divertiva e ci si sentiva parte di un gruppo: in negozio c’era sempre qualcuno più esperto di te, a cui potevi chiedere un consiglio. A tua volta potevi dare un consiglio quando avevi imparato qualcosa.
I prodotti che la GBC distribuiva erano accompagnati da fogli tecnici (data sheet e application note) prevalentemente in inglese. Su richiesta dei clienti – all’epoca l’inglese non era ancora così diffuso – la GBC iniziò a tradurre in italiano i fogli tecnici, poi a raccoglierli in un volumetto. Le aziende che fornivano i componenti sponsorizzarono l’iniziativa facendo pubblicità… e nacque così la prima rivista di elettronica, che negli anni si trasformò poi nell’attuale Selezione di Elettronica.
Dato che l’iniziativa aveva funzionato, qualcuno pensò di creare un’altra rivista, fondando una piccola casa editrice. La casa editrice fu chiamata Jackson (perché si dice che uno dei soci, il signor Zanga, si sia ispirato all’immagine del presidente Jackson che appare sulla banconota USA da un dollaro). La rivista fu chiamata Elettronica Oggi e la pubblicità, prima necessaria per la sopravvivenza del ‘catalogo’ prodotti della GBC, divenne un business a parte.
All’epoca – parlo dei primi anni ’80 – c’erano poche altre riviste tecniche specializzate. In particolare, nel campo dell’automazione ce n’era una sola: Automazione e Strumentazione. Era una rivista che, come oggi, fa capo all’Anipla (Associazione nazionale delle imprese di automazione). Molto rigorosa, ricca di articoli molto approfonditi di provenienza prevalentemente universitaria, poco rivolta al mercato inteso come nuovi prodotti, eventi, ecc. Nel Settembre del 1982 il signor Zanga mi telefonò mentre ero in vacanza al lago di Garda, e mi disse: ‘Vorremmo creare una nuova rivista nel settore dell’automazione industriale. Se la sente di fare un progetto e poi di dirigere la rivista?” Naturalmente risposi di sì. All’epoca dirigevo due riviste minori – Ingegneria elettronica e Sistemi di telecomunicazioni – dell’editore Casieri (Iens) e avevo già pubblicato due libri – ‘Tecnologie e applicazioni dei sistemi a microcomputer’ presso Iens e ‘Elettronica digitale e microprocessori’ presso Zanichelli – che, oltre ad essere tra i primi libri usciti in Italia sull’argomento, mi aveva introdotto presso la Jackson e mi avevano permesso di scrivere un paio di articoli per Elettronica Oggi. Dopo qualche mese di lavoro, nella primavera del 1983 il progetto era pronto. L’idea era quella di fare concorrenza ad Automazione e Strumentazione con un prodotto nuovo, più dinamico, con più immagini a colori e meno formule, più rivolto al mercato e alle sue novità che al mondo accademico. La nuova formula dimostrò di funzionare e, in pochi anni, Automazione Oggi crebbe fino a superare Automazione e Strumentazione e altre riviste nate nel frattempo. Per qualche tempo diressi anche Elettronica Oggi, cercando di trovare una linea comune per le due testate.
Saltiamo qualche anno e giungiamo al 1996. Nel frattempo avevo lasciato la Jackson e avevo lavorato per tre anni con un altro editore. Per rientrare in Jackson, che mi aveva richiamato, mi presentai con un nuovo progetto in dote: quello di Fieldbus & Networks. Il progetto fu accettato e io tornai ad essere prima collaboratore fisso e poi, dal 2003, direttore tecnico di Automazione Oggi e di Fieldbus & Networks. In quegli anni, quando la Jackson fu acquistata dal gruppo olandese VNU, Fieldbus & Networks era diventata autonoma, con una periodicità di 5 numeri all’anno, mentre Automazione Oggi era ormai la rivista di riferimento nel campo dell’automazione, tanto che VNU rilevò la pubblicazione di Automazione e Strumentazione e la fiera Bias.
Incominciarono anni di crisi per l’editoria. VNU decise di chiudere le sue attività in Italia e fu creato uno spezzatino delle varie testate. Alcune riviste chiusero, altre furono vendute. Nel 2006, in particolare, Elettronica Oggi, Automazione Oggi e Fieldbus & Networks furono vendute a Fiera Milano Editore (in precedenza Edizioni Fiera Milano) insieme a qualche altra testata. Gli ultimi tre anni non sono stati facili, con la pubblicità in calo, il conseguente taglio delle spese e, più di recente, i licenziamenti e le riorganizzazioni interne. Ma i problemi, ritengo, non nascono solo dalla crisi generale del mercato. Nascono anche da Internet o, meglio, dal cattivo sfruttamento di questa enorme risorsa. Nascono soprattutto dall’inadeguatezza di un business model nato oltre 30 anni fa, quando il mondo, la tecnologia e i fruitori delle riviste (inserzionisti e lettori) erano molto diversi. A volte nascono anche da un cattivo uso dello strumento pubblicitario, che in qualche caso diventa persino un elemento discriminatorio nella scelta dei contributi esterni (‘Non fai pubblicità? Allora non pubblico notizie che ti riguardino’ o, al contrario, ‘Facciamo molta pubblicità, quindi ci sentiamo in diritto di chiedervi la pubblicazione di qualsiasi cosa vi mandiamo’). Per questo non ritengo probabile un ritorno alle grandi tirature e alle grandi foliazioni, nemmeno quando il mercato si riprenderà. Oggi, chi vuole sapere quali sono gli encoder o i PLC disponibili sul mercato guarda su Internet, non aspetta un mese prima che esca il nuovo numero della rivista. Certo, una rivista (se è seria, ma per essere seri bisogna disporre delle risorse umane e finanziarie adeguate) può offrire qualcosa di più, come analisi, confronti, anticipazioni. E’ questo che differenzia ancora la carta stampata dal mezzo Internet. Ma se analisi, confronti e anticipazioni fossero disponibili anche attraverso Internet, in tempo quasi reale, forse le cose potrebbero cambiare definitivamente. Le newslettere e i siti web specializzati possono offrire, a mio parere, solo una risposta parziale. Da parte mia ho messo a punto un progetto diverso, che affronta il problema dell’informazione secondo un approccio originale e che illustrerò all’editore che mi saprà ascoltare. Con Automazione Oggi prima e con Fieldbus & Networks più tardi ho dimostrato di sapere proporre qualcosa di innovativo, che ha funzionato. Sono pronto a una nuova sfida.
Nota: ho riferito fatti, nomi e date come li ricordo, in forma necessariamente sintetica. La storia di questi anni è in realtà molto più lunga e articolata. Se ho sbagliato qualche dettaglio prego gli interessati di comunicarmelo, in modo che possa aggiungere un errata corrige.